L'uomo e lo spazio
LO SPAZIO PROSPETTICO E LO SPAZIO IN MOVIMENTO
di*
Prospettiva e movimento
Lo studio della prospettiva ha da sempre raccolto a sé una serie di problematiche, legate alla geometria, alla scienza della visione e alle teorie della filosofia estetica, non solo della prefigurazione ma anche della genesi e sviluppo dellospazio materiale visibile e dello spazio ideale percepito, ovvero di quello spazio artificiale costruito dall’uomo e per l’uomo con il quale lo stesso idealmente si identifica.
Mai come oggi, nell’infinito proliferare delle tecnoculture e delle tecnologie digitali – che hanno rivoluzionato e ri-costruito lo spazio fisico attraverso lo spazio immateriale, dando luogo e origine a quella dimensione virtuale simbolo e icona del terzo millennio –, è possibile ri-leggere e capire la prospettiva non più – o non più soltanto – come strumento di rappresentazione e prefigurazione, ma come pensiero filosofico e ideale estetico di uno spazio (artificiale) costruito dalle azioni e sulle visioni dell’uomo.
Ricercare il parallelismo e la coincidenza di eventi spaziali e principi estetici temporali, consente di accostare la visione dell’uomo contemporaneo a quella dell’uomo rinascimentaleper cogliere nell’identità delle fenomenologie visive e percettive la differenza e la sostanza degli ideali, delle culture e degli spazi da esse generati, e quindi – di conseguenza – la relativa sincronizzazione su due diverse metodologie e due distinti sviluppi della rappresentazione degli stessi.
Con ciò lo studio odierno sulla prospettiva può acquisire delle valenze diverse rispetto a quelle peculiari riferite al suo essere emblema e – al tempo stesso – problema della rappresentazione, tutte rivolte all’esemplificazione e al riferimento certo dell’esistenza non solo di una convergenza e di una simbiosi tra metodo di rappresentazione e genesi dello spazio rappresentato, ma anche di quello spazio figurativo espressione e sintesi di forma e contenutoe geometria e mito, formulato alla metà del Novecento dal critico e sociologo Pierre Francastel.
In questo senso l’ambito spazio prospettico nascente alle soglie di una rinascenza spirituale, ben lontano dall’essere mero spazio in prospettiva, può essere paragonato allo spazio contemporaneo in movimento nella misura in cui gli stessi spazi sono generati e costruiti fondamentalmente su ideali e culture che relazionano l’uomo allo spazio e lo spazio all’uomo.
Se lo spazio prospettico rinascimentale è reso idealmente fermo e immutevole attraverso la convergenza dello stesso verso l’uomo, ovvero attraverso l’unicità di una visione ideale, lo spazio contemporaneo in movimento risulta dinamico e mutevole proprio attraverso il mutare continuo delle molteplici visioni prodotte dall’uomo in movimento.
In sostanza si tratta di ri-conoscere: nello spazio prospettico rinascimentale un legame tra uomo e spazio che tende alla prevalenza del primo sul secondo (l’uomo cattura lo spazio e, assoggettandolo alla sua unica visione, lo ferma), nello spazio contemporaneo in movimento una simbiosi tra uomo e spazio resa possibile dalla congiunzione del primo nel secondo e del secondo nel primo attraverso la molteplicità di visioni in sequenza (l’uomo si muove intorno allo spazio e quindi lo spazio intorno all’uomo generando un rapsodico ritmo dinamico fisicamente configurato).
Lo spazio prospettico rinascimentale
A partire dal Rinascimento è proprio la prospettiva (vista non solo come metodo di rappresentazione ma come complesso sistema del disegno dello stesso spazio a partire dalla visione univoca dell’uomo, identificato come Centro dell’Universo, prima ancora che comecentro di proiezione posto a distanza finita) a ristabilire e modificare la costruzione dello spazio.
Le singole parti costituenti la totalità dello spazio umano, e quindi l’intero spazio, sono stratificate e ‘ridotte’ a una visione che se da un lato restituisce la magnificenza del ritorno alla vita dell’antichità classica (così come definiscono il Rinascimento gli stessi trattatisti rinascimentali) e al suo stile, dall’altro concede quella visione unica e centrale dello spazio stesso che l’uomo cattura assumendola come propria visione reale (in quanto visibile) e apparente (in quanto illusoria).
Ogni uomo, nel delirio antropocentrico, coglie l’intero corpus spaziale, avviando uno statuto di onnipotenza dell’uomo sullo spazio, in sostanza: la cattura dello stesso a partire dal suo punto più fragile e debole riconosciuto nella staticità tettonica dell’artificio architettonico, che conferisce a ogni singolo frammento dello spazio una presunta immobilità.
L’uomo rinascimentale agisce e controlla uno spazio reso significativamente scenico, lanciato verso un dinamismo illusorio ma sostanzialmente statico e lontano da quel primo movimento morfologico riconosciuto nel Barocco, attraverso l’utilizzo di un sistema che da strumento di rappresentazione diventa complesso rappresentativo di quell’uomo che sincronizza lo spazio sulla sua visione consegnandole il ruolo principale e centrale.
Il concetto che lega il pensiero della prospettiva a un grande apparato scenografico (intuito e inteso ora come una configurazione grafica di una messa in scena spaziale) viene delineato e circostanziato proprio dalle istanze di natura geometrico spaziale, che indicano la stessa come una de-formata visione del reale, ovvero: l’unica falsa visione che l’uomo riconosce più vera della realtà.
La prospettiva dunque non è la realtà, ma tutto quanto quel che della stessa appare; oppure – ancor meglio – tutto ciò che appare ma non è. Essa si identifica nella realtà solo quando la stessa è quella percepita dall’uomo, solo perché è la visione della realtà più vicina alla visione dell’uomo.
Mentre la misura oggettiva (cardine analitico e scientifico della verità architettonica assoluta) cede all’osservazione soggettiva la rispondenza e la relazione tra lo spazio reale e lo spazio percepito, il rigore e il principio astratto-matematico della pianta (definizione assiomatica disezione orizzontale) si dissociano da quella visione prospettica che poggia la sua essenza e i suoi principi nell’armonia proporzionale fondata non sulle reali rispondenze metriche ma piuttosto su equilibri percettivi ispirati da singole azioni e sensazioni.
Così la dicotomia tra pianta e prospettiva (ovvero: ciò che è ma non vediamo e ciò che non è ma che vediamo) acquista un valore semantico che si costituisce principio di un fare spazio e architettura, e al tempo stesso indice dell’incedere creativo architettonico, posto di fronte alla possibilità e alla necessità di configurare lo spazio a partire dalla sua misura (procedendo – come afferma Le Corbusier – da dentro a fuori con la pianta, là dove: l’esterno è il risultato di un interno), o dalla sua percezione (procedendo dalla visione del fuori verso l’interno, là dove:l’interno è il risultato di un esterno), manifestazione molto prossima alla creazione dello spazio contemporaneo.
Dunque, non riconducendola a mero strumento di rappresentazione, se la prospettiva è – come è stata – un principio e il principio ispiratore dello spazio, è necessario oggi riflettere e riformulare alcune istanze teoriche e culturali che conducano a una giusta identificazione delle potenzialità espressive – indotte dalla visione e dalla percezione – di una nuova prospettivache, cedendo il passo alla staticità rinascimentale attraverso molteplici visioni prospettiche sequenziali, abbraccia il movimento dinamico dell’uomo contemporaneo e della sua visione.
Lo spazio in movimento contemporaneo
Se dal Rinascimento la prospettiva si identifica nella rappresentazione di una realtà percepita (ma non vera) coincidente nell’idealizzazione della stessa, nell’universo contemporaneo il triangolo spazio-uomo-visione subisce una deformazione nella sostanza così come nell’apparenza.
Il rapporto rinascimentale spazio prospettico ideale e spazio in prospettiva (vista come rappresentazione ideale e dell’ideale) muta – nella contemporaneità – in un rapporto che ruota intorno a un dinamismo fisico e ideale configurato e costruito attraverso uno spazio in movimento (definito ora non solo attraverso la concezione di spazio euclideo entro il quale l’uomo esiste, ma anche attraverso il pensiero di uno spazio geneticamente modificato all’interno del quale l’uomo stesso di autodefinisce uomo contemporaneo).
Lo spazio prospettico diventa spazio in movimento e lo spazio in prospettiva diventa spazio nel movimento, diventando questo ultimo la rappresentazione più vicina allo spazio reale.
Il principio del nuovo spazio in movimento – di natura culturale e sociale prima ancora che artistica e architettonica – può essere ascritto a quelle forme spazio-temporali effetto della rivoluzione, o – sarebbe meglio dire – evoluzione, digital-tecnologica. In questo senso, le radici semantiche dello spazio nuovo possono ri-trovarsi in tutte quelle possibili espansioni morfologiche e figurative, tecniche e strutturali, indotte dalla fine del secondo millennio non solo dalla civiltà tecnologica, ma anche da un uomo che innalza l’immagine a stereotipo di un’identità possibile, accettando dalla stessa tutte le sue intrinseche e potenziali variabili, prima tra tutte quella della mutevolezza.
Così, riconoscendo nell’immagine e nella sua mutazione un possibile modello, l’uomo contemporaneo entra in simbiosi con tutte quelle forme-linguaggio, espressioni e costruzioni, al cui centro non è posta più un’immagine – e una soltanto – che riassume l’ideale e restituisce l’identità nell’unicità, ma un’immagine in grado di rappresentare contemporaneamente più forme idealizzate al suo variare, restituendo allo stesso tempo sensi e sensazioni diverse al suo mutare.
Non una, ma più immagini concorrono ora alla definizione di uno spazio nuovo, che l’uomo vuole geneticamente dinamico e flessibile, elastico e mutevole, uno spazio in grado di interagire con il suo movimento e la sua assoluta interscambiabilità; in definitiva uno spazio che esprime proprio in quella sua instabilità i sintomi di una programmata virtualità e i segni di quella derealizzazione abilmente individuata nel 1985 dall’esteta e intellettuale francese Guy Scarpetta.
Se lo spazio nuovo si muove, esso lo si può allora cercare, individuare, rappresentare – e progettare – in un sistema in movimento in grado di restituire tutte le variabili dinamiche di tipo fisico e percettivo, di restituire cioè lo spazio nel movimento stesso, attraverso l’interaperformance visiva costituita da una successione di visioni uniformemente distribuite in una dimensione temporale generalmente riconosciuta nella sequenza: passato, presente,
futuro.
Vista in questa dimensione temporale la visione prospettica rinascimentale sembra essere legata alla percezione dell’istante proprio nell’essere definita e stabilita attraverso un unico centro di proiezione (finito e riconosciuto nell’uomo), costituendosi di fatto come la negazione della relazione contemporanea dell’uomo nello spazio e dello spazio dell’uomo, che vede e che vuole un rapporto simbiotico attraverso una dimensione dinamica che non si esaurisce in una visione univoca. Il dinamismo percepito dalla e nella prospettiva va inteso come un dinamismo bloccato nell’attimo unico di una visione, quindi: una visione statica del movimento.
Fermo restando che il meccanismo del movimento può essere percepito solo attraverso infinite visioni prospettiche sequenziali, che avvicinano al vero senso della percezione reale dello spazio, il meccanismo dell’uomo che si muove nello spazio intorno alle cose e dello spazio che si muove intorno all’uomo, può essere rivelato – ancora una volta – solo attraverso la conoscenza profonda del nuovo ideale estetico, culturale e sociale, e la comprensione del nuovo uomo e di quello che verrà.
*Architetto, artista visivo. Specialista in Disegno Industriale e Dottore di Ricerca in Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente. Professore a contratto di Scienza della Rappresentazione, Percezione e Comunicazione Visiva, Tecniche dei Sistemi Multimediali, Tecnologie per l’Informazione e la Comunicazione, presso la Prima Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni dell’Università La Sapienza di Roma. Coordinatore didattico e docente di Rappresentazione, Grafica e Videoart presso l’Istituto Quasar Design University di Roma.
fonte TRECCANI
CULTURA ITALIANA
Pubblicato il 26/1/2007